Per anni ci hanno insegnato che la stabilità economica fosse il traguardo della vita.
Che solo lavorando di più, producendo di più, controllando di più avremmo potuto sentirci al sicuro.
Ma la verità è che quella sicurezza non esiste. E chi porta nel cuore la ferita dell’ingiustizia, lo sa bene: perché anche quando “ce la fa”, spesso non si sente mai abbastanza.
Abbiamo imparato che per essere amate dovevamo meritarlo. Che per essere rispettate dovevamo fare tutto nel modo giusto. E così abbiamo cercato di costruire vite perfette solo in apparenza, mentre dentro di noi cresceva un silenzioso senso di stanchezza e disconnessione.
Il tempo del risveglio: quando senti che qualcosa sta cambiando
“Non voglio fare grandi cose.
Voglio un orticello, la natura, voglio tranquillità”.Quante di voi si sentono così o hanno ascoltato qualcuno pronunciare parole simili?
A noi nate negli anni ’80 hanno inculcato l’idea che la performance fosse la chiave della libertà: studia, lavora, resisti, fai di più perché solo così potrai sentirti al sicuro. Per poi scoprire che così non è.
Molte di noi oggi sentono il richiamo di qualcosa di diverso:
una voce che dice “basta fare per essere, basta lottare per sentirti degna”.
È la voce dell’anima che ti ricorda che la vera giustizia è ritrovare il tuo valore intrinseco.
Non devi più guadagnartelo.
La vita non è una gara di resistenza.
È un flusso, un respiro, un movimento continuo.
E proprio l’instabilità che tanto temevamo, quella che ci faceva sentire in pericolo, è la stessa che oggi ci sta guidando verso la libertà.
Il denaro, l’amore, la vita… tutto ciò che fluisce non può essere controllato. Può solo essere accolto. E per accogliere serve radicarsi nell’essere, non nel fare. Quando senti quella rabbia che brucia sotto pelle, quando ti sembra di non essere vista, non cercare di reprimerla: ascoltala. Quella rabbia è la tua anima che ti dice: “Non è giusto sacrificarmi per essere accettata”.
Essere presenti, aperte, in contatto con la verità del momento.
Perché solo chi è radicata nel proprio essere può davvero aprirsi a ricevere non solo denaro, ma amore, possibilità, vita.
Intanto, intorno a noi, gli equilibri globali si incrinano.
I disequilibri delle potenze economiche e politiche non possono più essere ignorati: ci costringono a guardare, a sentire, a porci domande che non possiamo più rimandare.
Chi siamo davvero?
Qual è il senso di tutto questo?
Domande antiche, ma oggi più urgenti che mai.
Una generazione in risveglio
C’è aria di cambiamento tutto intorno.
Un’energia che si percepisce dietro le spalle, come una spinta gentile o a volte impetuosa, che ti invita a fermarti, respirare, e chiederti: “Ma cosa sto facendo davvero?”.
È da lì che comincia la guarigione. Dall’onorare le tue emozioni, dal ridare voce al corpo, dal permetterti di non dover sempre essere all’altezza.
Noi, cresciute nel mito della performance, stiamo riscoprendo la via dell’essere.
Stiamo capendo che la fatica non è una virtù, ma un allontanamento da noi stesse.
E che la vera libertà non si conquista forzando, ma ricordando chi siamo davvero.
La via della coscienza: tornare al sentire
Quello che senti, quello smarrimento, quella ricerca, quella voglia di cambiare vita, non è un errore.
È il linguaggio della coscienza.
È la Vita che ti chiama a tornare al centro.
Lo yoga lo chiama Svadhyaya: l’auto-conoscenza, la pratica sacra dell’ascolto interiore.
Osservare senza giudicare, sentire senza voler capire tutto.
Lasciare che il corpo, il respiro e il cuore diventino maestri.
Questo è il primo passo sulla via della coscienza: non cercare subito risposte.
Resta.
Resta presente, resta nel corpo, resta nel respiro.
È da lì che tutto si riallinea.
Quando senti che qualcosa si muove (e non sai cosa fare)
Ecco alcuni gesti semplici, ma profondamente trasformativi, per attraversare questo tempo di passaggio con consapevolezza:
Ascolta il corpo ogni mattina
Appena sveglia, porta le mani sul cuore e chiediti: “Come mi sento oggi?”. Non “come sto”, ma “cosa sento”.
Questo piccolo atto di verità apre la giornata nella presenza.
Rallenta il ritmo
Non serve riempire, serve svuotare.
Cammina nella natura, cucina in silenzio, respira con intenzione.
Nel vuoto, la coscienza parla.
Respira con consapevolezza
Ogni volta che la mente corre, torna al respiro.
Inspira profondamente, trattieni un istante, espira lasciando andare ciò che non serve.
Questo è yoga nella sua forma più pura: un ritorno a casa.
Apriti a ricevere
Pratica la gratitudine non come dovere, ma come apertura.
Ogni volta che ricevi qualcosa — un sorriso, un complimento, una moneta — fermati e senti: “Sto permettendo alla vita di fluire attraverso di me”.
Fidati del processo
Non temere l’instabilità: è il segno che qualcosa di nuovo sta nascendo.
Come in ogni transizione, serve tempo, fiducia e gentilezza verso te stessa.
Il richiamo del sentire selvaggio
Sii presente. Senti il respiro, rallenta, lascia che il corpo ti guidi. Ogni volta che scegli di tornare a te, stai restituendo giustizia alla tua essenza.
Questa è la nuova via del femminile: non quella che lotta per essere riconosciuta, ma quella che si riconosce da sola, che si radica nel proprio sentire e si lascia fiorire.
Sta nascendo una nuova coscienza, una che non vuole più controllare, ma fluire. Una che sa che il vero potere non è dominare, ma vivere in verità.
E in questo cammino, la tua bussola è una sola: il tuo sentire profondo e selvaggio.
È da lì che si ricostruisce la tua realtà, più vera, più libera, più tua.
I tempi sono maturi.
E tu lo sai.
Nel profondo, lo senti.
Se queste parole hanno risuonato in te, se senti anche tu che qualcosa si sta muovendo dentro, ti invito a proseguire questo viaggio insieme.
Nel mio canale Telegram condivido riflessioni, rituali, pratiche di yoga e momenti di consapevolezza quotidiana. Uno spazio intimo, autentico e libero dai rumori del mondo dove poter tornare al sentire, insieme.
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