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Meditare che fatica, come fare in tre passi

Una delle frustrazioni che maggiormente si provano quando si approccia la pratica meditativa è quella di scoprire di non riuscire affatto a mantenerla. Inizi a respirare, a concentrarti sul mantra o altro oggetto, tieni un po’ duro, ma poi la mente inizia a elaborare pensieri senza fine. Uno in fila all’altro tanto da non capire come il vorticare sia iniziato e dove vuole andare a parare. Sembra banale, ma già accorgersi di essere distratti non è così scontato, è già un risultato. E qui l’impazienza, la frustrazione, forse anche un po’ di nervosismo. Tutto normale, siamo in tanti 🙂

Che fare?

Primo passo: non crearsi aspettative

E già. Lascia andare il controllo, i sentito dire, le descrizioni degli altri. Tu sei altro rispetto ai vissuti altrui quindi la tua esperienza non può corrispondere a quella di nessuno. Inoltre: siamo cresciuti in una società che ci vuole performanti e sempre impegnati al raggiungimento del risultato quindi siamo costantemente proiettati alla fine invece di godere il percorso attimo dopo attimo.

Fermati e stai con te.

Apro una parentesi a riguardo per dovere di chiarezza: restare con se stessi non vuol dire solo fare attività in solitudine perché spesso ci si riempie di cose da fare per sfuggire a se stessi più che riconciliarsi. Fermati e stai con te nell’ozio più produttivo che puoi concederti. Chiusa parentesi.

In base all’educazione ricevuta crediamo di dover necessariamente essere pronti e “imparati” verso qualsiasi cosa. In realtà si sa che per ogni disciplina, arte, ecc… è necessaria pratica, allenamento, prove e ancora prove. Costanza.

La meditazione non è esente da questa logica, anzi, è un banco di prova in cui ci si approccia intenzionalmente ad una disciplina rigorosa, ma anche tanto elastica non appena si inizia a padroneggiarla un po’ di più. L’atteggiamento giusto, quindi, è quello di un bambino che inizia a scoprire il mondo: pazienza, tenacia e al bando tutto quello che pensate di sapere sulla meditazione, si può solo sperimentarla su di sé.

Secondo passo: rigore e disciplina

Lo yoga, e quindi la meditazione, è una disciplina, quindi come tutte le discipline ha dei passaggi da osservare (non mi dilungo a riguardo ma li sto trattando su Instagram, se ancora non mi segui puoi farlo cliccando qui).

Dunque è fondamentale rispettare e praticare ogni passaggio in base a come siamo pronti a farli nostri. Dobbiamo immaginare l’azione dello yoga come una cipolla a cui man mano togliamo uno strato fino a raggiungere il nostro nucleo interiore. I tempi di “evoluzione” li sentiamo dentro e variano da persona a persona.

Tra le tante, due cose sono importanti e comuni a tutti: impegno e forza di volontà (ne ho scritto su “Lo yoga è per tutti quelli di buona volontà”). Il top sarebbe sentire la molla dentro che ti accompagna al tappetino. Entusiasmo e forza di sperimentare senza difesa alcuna.

Terzo passo: dì al tuo ego che non devi dimostrare niente a nessuno

Questo è un punto delicato a mio parere, cerco di fare il possibile per spiegarlo nel modo più chiaro e semplice possibile. Sempre secondo la presunta necessità di essere performanti e forti, pensiamo di dover apparire sempre al massimo e senza debolezze.

Invece no. Lo sai che capita di piangere “Lacrime di yoga”? Puoi approfondire qui.

Lo yoga ti pone di fronte alla tua forza così come alla tua debolezza. Nel caso specifico della meditazione, a volte può accadere di sentirsi totalmente in pace e in armonia con la propria mente, altre la mente surclassa qualsiasi tentativo di meditazione.

Resta. Lascia cadere le tue difese. Conosciti a cuore aperto e fai dono al mondo del tuo essere profondo.

L’atteggiamento giusto è accettare gli alti e bassi, valutare il periodo che si sta vivendo (spesso in fase di cambiamento si è totalmente scombussolati) e avere in generale un atteggiamento più leggero e giocoso di fronte alla disciplina.

Nota bene: l’atteggiamento è leggero e giocoso, ma non superficiale. Torno a sottolineare come sia essenziale l’impegno e la capacità di lasciarsi guidare fiduciosi dalla voce dell’istruttrice.

In conclusione: non esiste una persona più o meno portata alla meditazione, esiste la mente e la prospettiva con cui si approccia alle cose (il cosiddetto mindset). Poi ci si può sentire più o meno in sintonia con una tecnica invece che con un’altra (anche camminare può essere meditazione), ma essenzialmente dipende dal proprio stato di coscienza e dalla capacità di mettersi in discussione.

Questo è quello che ho sperimentato su di me e che ho riscontrato nelle letture e testimonianze dei miei allievi. Non è verità assoluta, certamente, per questo ti chiedo di condividere la tua esperienza nei commenti se hai praticato o se hai dubbi.

Namaste

Simona

(foto di Cottonbro da Pexels)

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