Siamo letteralmente sedotti da donne e uomini a testa in giù, strane e difficoltose posizioni corporee che rasentano, a volte, movimenti degni dei migliori contorsionisti. Ego. Oppure siamo attratti dalla promessa di un rilassamento che, poi nei fatti, non riusciamo neanche a goderci. Moda? Pratichiamo lasciando al bando l’anima, la parte filosofica, spirituale, energetica della disciplina yogica non considerando come le cose siano imprescindibili tra loro.
Lo yoga, a monte è impegno, un impegno preso nei confronti di se stessi e come tale non va, non andrebbe approcciato con superficialità. E secondo me è questo il tratto seducente. È una scelta che si fa della propria vita. Fino a quando non ho iniziato a farlo davvero, non avevo capito che cosa significasse. Ci vuole consapevolezza.
In base all’ultima metafora di vita che mi muove ossia vedersi, trattarsi, curarsi come se fossimo noi stessi i nostri figli, la cura di sè ha trovato un parametro di riferimento reale. Penseresti mai di avere un figlio senza prendertene l’assoluta cura e responsabilità? Non credo.
Lo yoga è una iniziazione ad una nuova vita, un partorirsi da soli, è rinascere una seconda volta e come tale, questo atto comprende sofferenza, riflessione, silenzio. Comprende lo “stare”.
Ai miei allievi chiedo fiducia in me perché solo se mi seguono riusciranno ad ottenere il risultato a cui aspirano. Se non c’è fiducia c’è tensione nel corpo e nella mente inficiando quel “lasciar andare” che apre le porte della percezione. L’insegnante di yoga parla parla per non lasciare alla mente dell’allievo il tempo di distrarsi dal suo corpo interiore. Quando un insegnante inizia a parlare un po’ meno vuol dire che inizia a sentire l’evoluzione dei propri allievi lasciando loro, quindi, il giusto tempo per gestirsi in autonomia.
Lo yoga è un impegno, pure sacro se vogliamo. È un rito che metti in atto attraverso gli “otto rami” riassunti da Patanjali che conducono ad una trasmutazione totale. Sono diversi gli allievi che mi hanno confessato movimenti interiori, stati emotivi altri, cambiamenti che a tratti fanno paura. È tutto normale, è la trasformazione ed è fondamentale tenere duro in quei momenti. Si tratta, infatti, dei passaggi di soglia da un corpo all’altro, da una consapevolezza ad un’altra. Potremmo voler cambiare tutto il nostro contesto circostante, è vero, ma il gioco vale la pena se il risultato finale è il nostro prisma completo.
Davide, il mio maestro, la prima volta che ci accolse in formazione disse a me e alle mie “sorelle d’anima” che una volta iniziate tutto poteva accadere. Così è stato e ho messo le ali.
È tosta la trasformazione. Pensa la fatica tra l’essere una crisalide e diventare una farfalla. Eh però, poi… voli.
Ai miei allievi chiedo impegno nel percorso che decidono di intraprendere perché è solo portandolo avanti con costanza e rispetto si sfiora il senso. Si scappa via spesso, si mette da parte la pratica. Si scappa da se stessi per paura di “planare sulle cose dall’alto” (amo Italo Calvino), lentamente.