INTERVISTE

Jasmine Di Benedetto, questioni da ricercatrice esistenziale

Jasmine significa gelsomino e se penso al profumo del gelsomino mi sento inebriare. Jasmine Di Benedetto ha una forte carica ed è capace di un grande coinvolgimento, è travolgente. Da anni, ormai, si dedica alle discipline legate allo sviluppo della consapevolezza facendosi veicolo delle sue competenze che, anche per formazione accademica, si intersecano con la storia e l’antropologia. Nasce così il suo progetto Antropomindfulness dove abbina l’indagine antropologica (la conoscenza dell’uomo) alla meditazione di cui è istruttrice. Tra le tante cose Jasmine di Benedetto è anche operatore Bars, ossia una tecnica che attraverso la leggera pressione di alcune zone del corpo, soprattutto la testa, aiuta a rilasciare e sbloccare l’energia con importanti benefici. In realtà di tecniche e discipline ne ha provate tante e ha affrontato diversi percorsi formativi. Per ovvi motivi di spazio andremo ad approfondire solo una aspetto, l’origine del tutto.

Come la meditazione contribuisce al miglioramento del vivere quotidiano e al percorso di conoscenza verso il Sé?

La meditazione è innanzitutto un momento da dedicare totalmente a se stessi, quindi presuppone già una scelta. Scegli di sederti, di fermarti, riconosci l’esistenza di un qualcosa che può essere osservato. Inizia così una sorta di addestramento che conduce alla creazione di uno spazio, un’apertura che permette di riportare l’attenzione al momento presente. Solitamente si vive completamente distratti dal mondo circostante; la meditazione è, invece, uno spazio in cui ti auto-osservi, nel tempo inizia ad ampliarsi alla vita di tutti i giorni attraverso l’allenamento. L’attenzione sei tu, la consapevolezza arriva nel momento in cui ti sganci dai pensieri, questo allenamento serve a far si che una volta aperto lo spazio nella quotidianità senti te stesso, sei quello spazio e non più ego. L’ego, infatti, è una funzione della mente, un sistema di sopravvivenza funzionale per salvarci dai pericoli, ma che ci allontana dal momento presente. E questo non si può percepire se non inizi a meditare, non te ne rendi conto. Quando lo spazio inizia ad allargarsi non si riesce a tornare indietro, giorno per giorno inizi a renderti conto di quanto non sei tu.

L’esperienza del Sé, quindi, è un non ritorno?

E’ un viaggio senza regressione. Inizi a percepire cose talmente diverse che per certi versi possono anche intimorire. Esistono fasi di rifiuto perché l’ego tenta sempre di tenerti aggrappato alle zone che conosce mentre la coscienza ti esorta ad andare oltre. Quando ti rendi conto che ciò che ti trattiene sono solo resistenze allora prosegui. L’allenamento alla meditazione è anche questo: la vita è formata da momenti unici e irripetibili, ciò che ne deriva lo riporti nella vita di tutti i giorni cercando di distaccarti anche dal concetto di dualità.

Cosa intendi?

Nella vita percepiamo tutto come opposti: giorno e notte, giusto o sbagliato, bello o brutto.Da quando ci siamo incarnati abbiamo vissuto esperienze che hanno una connotazione culturale, categorie impresse nella mente in base al contesto circostante. Gestiamo la nostra vita attraverso queste categorie falsando la possibilità di esperienze consapevoli. Come donna il mio ego può credere che intraprendere il Cammino di Santiago in solitaria potrebbe essere pericoloso perché andrei incontro ad una esperienza sconosciuta. Il cervello, in questo modo, tenta di salvarti la vita, invece se subentra la coscienza non etichetto l’esperienza, ma la valuto oggettivamente calcolandone i rischi e programmando soluzioni. E’ importante progettare, vivere il momento presente non vuol dire non progettare: in questo momento presente creo l’esperienza futura.

Spiega meglio il concetto di “momento presente” perché potrebbe apparire fuorviante, nel senso che si tende a pensare che non sia più necessario pensare ad un futuro.

Significa vivi il momento presente in consapevolezza ossia non andare avanti e indietro con la mente, tipico lavoro che fa il cervello. L’esistenza è fatta di un susseguirsi di momenti presenti, se sei continuamente proiettato nella mente non vivi l’esperienza, sei un’automa, guidato dal pilota automatico, non percepisci neanche il sapore del caffè perché lo hai già memorizzato. Se io in questo momento vivo l’esperienza di un caffè disgustoso posso decidere di non berlo più. La progettualità è necessaria per costruire il futuro, ma le azioni per arrivarci le svolgo nel presente. Quindi non vuol dire deresponsabilizzarsi, anzi, è prendersi la responsabilità di costruire la vita momento per momento. Con la meditazione quindi ti vai a sbendare, allinei la mente al cuore che da un punto di vista orientale è la sede della coscienza e ti consente di sentire il suo sapere saggio e non le credenze generali.

Cioè?

Ad esempio, gli stranieri ci rubano il lavoro: chi risuona con questo pensiero la mattina non si alza nemmeno per cercarlo un lavoro, in questo modo si crea un disastro. Si genera nel momento presente lo scenario per il futuro: razzismo, odio, mancanza di lavoro, esigenza di sussidi dallo Stato. Vivere nel momento presente è responsabilità. Se ci troviamo in uno stato di pandemia Covid è perché il momento presente non lo abbiamo vissuto. Per questo stiamo dentro casa fermi a contemplarci.

In questi termini l’uomo ha il potere di crearsi la propria esistenza?

Il cuore ha un suo sentire, la meditazione ripulisce la mente da tutte le programmazioni che abbiamo accumulato nei secoli. Sono virus che si immettono nell’esperienza presente falsandola e impedendo di viverla. Noi creiamo l’esistenza vivendola momento per momento se siamo consapevoli e scegliendo in base a quello che per noi è un sentire giovevole. Se invece mettiamo chiavi di lettura ereditate dal passato, da altri, andiamo ad attirare realtà prodotte da queste matrici perché sono le uniche realtà che la nostra mente riconosce. Ad esempio: pensare che tutti gli uomini sono poco di buono non fa altro che avvicinare solo questa tipologia di persone.

Abbiamo detto che il percorso di consapevolezza è formato da alti e bassi, dove i bassi sanno essere anche molto profondi, come si possono confortare le persone che si trovano in queste situazioni?

In antropologia ci rendiamo conto dello stato di salute durante la malattia ed è il dolore che apre la porta dell’illuminazione, si tratta di un continuo sblocco dei livelli successivi come un guerriero che combatte in uno scontro tra coscienza e ego. Se non ci fossero questi bassi, questo dolore, non ci sarebbe possibilità di evoluzione. Ogni volta che arriva il dolore va ringraziato perché rappresenta una opportunità. Chi intraprende un percorso di consapevolezza riconosce nel dolore il momento di passaggio al livello successivo.

Andiamo sul personale: come alle ti sei avvicinata alle discipline che indagano e lavorano sulla consapevolezza di Sé?

Attraverso la morte di persone che ruotavano attorno alla mia vita, non anziani ma amici, coetanei, anche se ne sono sempre stata affascinata. Dopo il terremoto dell’Aquila nel 2009 ho vissuto con la sindrome della sopravvissuta e ho capito che se sono in questo mondo è per fare qualcosa e per onorare la vita. Ho avuto altri momenti bui. Nelle relazioni con gli uomini sono sempre stata reputata sbagliata in quanto donna che non riusciva a piegarsi allo stereotipo classico di “compagna”, non volevo vivere così. Altri lutti mi hanno fatto capire il tentativo di depotenziarmi che era in atto con lo scopo di restare chiusa in delle “scatole” a vivere una vita che io non volevo. Ho deciso che dovevo smetterla perché la vita può finire da un momento all’altro. Quando ho percepito che altro era possibile, la mia missione è diventata vivere libera-mente, liberare me per prima e da lì ho iniziato a divulgare. La maggior parte delle persone è identificata con l’ego ed è difficile far capire che c’è una sede della consapevolezza. Più studi, più ricerchi, più ti apri, tutto quello che accade cambia la visione della morte, è così che scegli di vivere liberamente. La meditazione è scegliere liberamente, uno stile di vita, è arte.

Simona

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