INTERVISTE

Laura Pieretti, “La sacerdotessa risvegliata” è dentro ognuna di noi

Ne “La sacerdotessa risvegliata” Laura Pieretti sfonda, con coraggio, una porta raccontando della sua straordinaria esperienza di contatto profondo con un’anima antica. Lei è Aristarea, sacerdotessa nell’Anatolia del 1800 a.C. Un viaggio tra dimensioni e presenze, un’esperienza che sfida ogni mente scettica e razionale, per trasmettere l’archetipo della sacerdotessa ad ogni donna dell’attuale spazio/tempo. Attraverso questo prezioso testo, Laura fornisce la possibilità di farci un’idea del nostro potenziale, di non sentirci più così spaesate, con la testa tra le nuvole, strane, pazze, streghe. 

I tempi stanno cambiando e maturando. C’è un bel fermento di donne con il desiderio di tornare a scoprire quegli aspetti fino ad ora rinnegati e bruciati, dare un senso a quelle stranezze inspiegabili, tornare ad incarnare il proprio vero essere. Io lo sento già da un po’, ho scoperto un mondo vasto e vario di tante che stanno percorrendo questo cammino. Tra le cose che di Laura, e del suo primo libro (per me una guida), mi hanno colpita di più c’è proprio il concetto di tornare ad incarnare la sacerdotessa che è in noi.

Laura, cosa si intende concretamente con incarnare la sacerdotessa?Tutto il mio lavoro si incentra sullo stimolare a vivere in prima persona le esperienze interiori, sperimentare ed incarnare, uscendo dall’idea che leggere e sapere a livello cognitivo sia sufficiente.

Incarnare la sacerdotessa è un’esperienza diversa per ognuna di noi, per me vuol dire vivere ogni esperienza della mia vita come se fosse una cerimonia, un atto sacro attraverso cui onorare l’energia della vita che scorre in me.  Vuol dire concepire l’esistenza, quello che mi accade, le relazioni, le sfide e le gioie come espressioni della forza vitale che mi attraversa e che non è né buona né cattiva, bensì è. Ma la cosa più importante per me, è vivere con un atteggiamento di co-creazione con queste energie: ascoltando, realizzando e vivendo una relazione attiva con ciò che riceviamo a livello spirituale.

Incarnare vuol dire ascoltare e agire, vivere attivamente questa co-creazione, portarla nella vita e non solo nel mondo interiore o nell’idea, bensì scegliere cosa realizzare di ciò che riceviamo e viverlo.

Chi erano le sacerdotesse un tempo e chi sono oggi?

Un tempo le sacerdotesse erano coloro a cui era affidato il benessere spirituale della comunità, erano leader spirituali e conoscitrici dei misteri della vita e della morte. Vivevano in contatto con la materia e con le forze spirituali, comprendevano la relazione con il mondo spirituale e potevano veicolare i messaggi che da questo mondo arrivavano, per il bene della comunità stessa. Erano coloro che con devozione offrivano la loro vita come veicoli e contenitori dell’esperienza del sacro nella vita. Era un ruolo e un’identità. 

Oggi le donne sono chiamate a tornare ad occupare questi ruoli usurpati, per riconnettere la vita ad una sacralità che abbiamo perso, come singoli e come società. Una sacralità naturale, senza sovrastrutture, semplice e allo stesso tempo complessa. Le sacerdotesse oggi sono coloro che vivono una relazione attiva con il mondo spirituale e lo portano nelle azioni quotidiane.

La chiamata per le donne oggi è duplice, usando le parole di Aristarea: “siamo chiamate ad uscire dal formalismo del rito e ad entrare nella connessione”. Vivere in prima persona, fare questa esperienza di connessione con il sacro, lasciare ego e sovrastrutture, approfondire questa relazione nel proprio mondo interiore e poi incarnarla nella vita. Le donne sono chiamate ad “Essere porte per lo spirito” e la Sacerdotessa è l’archetipo che ci aiuta e ci guida in questo perché conosce la tecnologia per farlo autenticamente.

Le donne come “porte dello spirito”, in che senso?

Dovremmo parlare di questo concetto lungamente, perché contiene in se diversi aspetti. Per sintetizzare, essere porte per lo spirito per me vuol dire incontrare, relazionarsi e lasciar passare nel mondo le energie spirituali con cui ci relazioniamo. Aprirsi alla dimensione spirituale e agire in accordo con ciò che si riceve. 

Come donne abbiamo la capacità di generare nuovi mondi oltre che esseri umani, creare nuove possibilità, partendo dalla connessione con le forze della vita, non dall’ego o dalla volontà come ci hanno insegnato a fare. Co-creare insieme alla dimensione spirituale dell’esistenza. È un discorso molto delicato e non vorrei ridurlo attraverso le parole, ne invitare tutte a co-creare senza discernimento o comprensioni di quello che si fa.

In noi abbiamo la capacità di vivere l’esperienza spirituale ad un livello molto profondo, ma spesso questa capacità è bloccata da schemi mentali, convinzioni, sovrastrutture, controllo, ego, desiderio di potere, interpretazioni, credenze manipolate e ambivalenze interiori, che ci impediscono di avere una relazione chiara e aperta con le energie spirituali. Pensiamo di ricevere messaggi e visioni e spesso sono solo immagine distorte dal nostro diamante non pulito, illusioni che nutrono l’ego e non sono realmente al servizio della vita.

Ma questa relazione ci appartiene e la porta è colei che conosce e lascia passare queste energie, visioni e creazioni in accordo con la forza spirituali. 

C’è un bellissimo passaggio nel tuo libro che condensa bene la sensazione che si prova nel primo e vago contatto con la sacerdotessa in noi: “Fuggivo ma in realtà andavo incontro a quel richiamo che tutti sentiamo nel cuore, di lasciare ciò che conosciamo per l’ignoto”. Com’è cambiata la tua vita da quel richiamo?

Se mi guardo indietro mi sembra di vivere un’altra vita ora: oggi mi sento di essere chi sono autenticamente. Ho lasciato molto lungo la strada. Vivere le esperienze che descrivo nel libro “La Sacerdotessa Risvegliata” mi ha profondamente trasformato. 

Tante volte ho avuto questa sensazione, quando facevo cambiamenti importanti mi sembrava che il passato appartenesse ad una vecchia esistenza. Anche adesso è così. I cambiamenti esistenziali sono vere iniziazioni in cui lasciamo ciò che ci impedisce di essere, per diventare sempre più chi siamo. Per tantissimi anni ho resistito a questa chiamata, ad essere una sacerdotessa.

La prima volta l’ho vissuta quando avevo meno di 10 anni e giocavo, da sola nel giardinetto condominiale, a fare il sacerdote e celebrare messa. Non avevo idea che non stessi solo giocando. Poi ho accettato le regole della società e per lunghi anni ho inseguito la carriera, il piacere effimero, i ruoli riconosciuti e ciò che mi era richiesto di essere dagli altri. Ma ero profondamente infelice, insoddisfatta e anche se pensavo di andare nella direzione opposta, mi sono resa conto che continuavo ad andare verso questa chiamata, imparando a spogliarmi, a rinunciare, soffrendo e conoscendo, fino a che non mi sono arresa a questo mistero e arrendermi a me stessa mi ha trasformato.

Incontrare e vivere l’archetipo della sacerdotessa in maniera consapevole mi ha donato una chiave di trasformazione alchemica e mi ha permesso di vivere la vita sacra che la mia anima desiderava.

“La ciotola deve essere vuota”, potresti chiarire e concretizzare con un esempio questo concetto?

Noi siamo ciotole. Immaginate di essere una tazza, un bel piatto fondo da portata, un contenitore colorato, una coppa finemente intarsiata, una ciotola di legno grezzo o di ceramica non lavorata, un calderone. La nostra identità è il bordo della ciotola, spesso piena di crepe, fratturata da memorie di dolori, traumi e vessazioni, fatta di materiale diverso a seconda delle nostre esperienze, eppure tutte con un uguale caratteristica: essere contenitori che possono riempirsi e vuotarsi.

Per poter vivere la relazione con il mondo oltre quello che vediamo, dobbiamo attivare una capacità interna che è la ricettività. Il vuoto è l’espressione della ricettività e ciò che riceviamo è un flusso di energia spirituale vitale e creativa. Ma per ricevere dobbiamo essere integre e salde, conoscere i meccanismi e aprirci con fiducia al mistero. Per me farlo è stato frutto di un “addestramento” lento e profondo, ogni giorno di più, come una spirale.      

Come si può, secondo te, aprire il cuore per ricevere?

L’apertura del cuore è un processo molto complicato al giorno di oggi. Se guardiamo l’essere umano e come viviamo, il cuore si chiude. Chiudere il cuore ci protegge e questo meccanismo è diventato la normalità nel nostro modo di vivere. L’unica vera insegnante di apertura del cuore è la Natura.

Provate cosa vuol dire aprirsi alla relazione con il mondo vegetale o animale, con i minerali e con gli elementi della natura. Non farlo intellettualmente però, bensì farlo come lo facevamo da bambine, farlo con un atteggiamento del come se, di meraviglia e possibilità che queste forze siano veramente vive e senzienti. Lo sono.

Anche qui potrei parlare per ore: l’innocenza con cui possiamo tornare a guardare il mondo, il recupero del se selvaggio e la natura sono la chiave, per me.

Nel tuo lavoro quali resistenze a questo cammino hai riscontrato nelle donne che si sono rivolte a te?

Ho iniziato a lavorare con le donne e per le donne più di 10 anni fa ormai. Nel tempo ho incontrato centinaia di donne, alcune pronte e già molto consapevoli, altre piene di dubbi, confusione, illusioni e resistenze. Io amo le resistenze. Non sono sempre qualcosa che ci impedisce, da combattere e affrontare con forza. Questa è una visione molto patriarcale della resistenza. 

Spesso le resistenze sono protezioni, sono lì come sovrastrutture alleate e possono lasciare il passo non quando sono distrutte o vinte, bensì quando non sentono più il pericolo. Quando siamo pronte. 

Le donne si proteggono dalla disgregazione, dalla follia, dall’emarginazione, dal dolore, dalla manipolazione, da ciò che non conoscono, dalla solitudine e come tutti, uomini e donne, utilizzano il controllo mentale, la confusione stessa, il dubbio e la paura come mezzi per continuare ad essere al sicuro, per rimanere in superficie.

Il prezzo di questa sicurezza, spesso più percepita che reale, è l’insoddisfazione, ancora più confusione, depressione e immobilità. Tante mi chiedono di aiutarle a scoprire i loro doni e come portarli al mondo, poche sono consapevoli che per rispondere a questa richiesta non devono ascoltare fuori bensì dentro. Io le accompagno ad ascoltare dentro. 

Nell’ambito del femminile sacro e della sua riscoperta c’è un qualcosa di cui bisogna diffidare?

Purtroppo, come in tutto, anche in quest’ambito ci sono aspetti di cui prendere coscienza e di cui essere consapevoli. La perfezione è un valore meraviglioso a cui tendere, ma non ci appartiene come esseri umani.

Io posso parlare di ciò che credo importante per me: sperimentare in prima persona e gradualmente; rispettare i tempi e procedere con lentezza più che con bulimia e guidate dal desiderio di capire; equilibrare le nostre tante parti interiori e guarire le ferite con dolcezza, considerare tutti gli aspetti del femminile senza giudizio, non uno prevalente sull’altro ma come prospettive; vivere l’oscurità come la luce e recuperare tasselli persi; acquisire strumenti più che dogmi e verità; vivere il mistero in prima persona, essere disponibili alla trasformazione interiore più che ricercare un attestato di partecipazione o l’autorizzazione ad assumere ruoli esterni; coltivare un’autentica relazione con noi stesse e con il sacro, per assumere la chiamata con responsabilità e dedizione. 

Come, tutto questo discorso, può coinvolgere il maschile?

Questo tema è meraviglioso da esplorare. Parlerei più di uomini che di maschile però.  Molte donne non frequentano le dimensioni di incontro solo femminili, perché si sentono di escludere gli uomini e creare separazione. Quello che non comprendono è che crescendo e guarendo insieme ad altre donne, lo fanno per tutti: uomini e donne. 

Nel mio lavoro ho condotto cerchi di donne per lungo tempo e anche cerchi misti di uomini e donne insieme. Questi ultimi sono composti per lo più di donne che cercano di portare i loro compagni o amici nella dimensione del cerchio, per far sperimentare anche a loro questa possibilità. Il desiderio è quello di coinvolgerli, ma più profondamente è quello di essere accolte, viste e condividere con il maschile questa dimensione di amore e accettazione incondizionata, di apertura e libertà che nel cerchio sperimentano.

Le energie che si creano nei cerchi misti sono meravigliose, ma molto diverse. La relazione con uomini aperti, che si mettono in gioco emotivamente o che semplicemente desiderano vivere un’esperienza di accoglienza del loro femminile interno, è molto risanante per entrambi. Ci sono anche uomini che scelgono di vivere queste situazioni perché lo desiderano, ma sono rari. La maggior parte si ritrova talmente fuori dalla zona di comfort, che poi torna velocemente nello spazio che conosce e quindi spesso è controproducente. C’è molto pudore, timidezza e paura nel mondo maschile. 

Per concludere direi che più che coinvolgere, parlerei di aprire e permettere, quando l’altro si avvicina ma senza forzare. Credo che le donne siano chiamate a vivere i valori che incontrano nel risveglio del femminile sacro nella loro vita in prima persona, essere veicoli di amore e semplicemente vivere in una dimensione di autenticità, rispetto e libertà. Questo permette agli uomini di fare altrettanto, nel loro modo unico e diverso dal nostro. Il mio sogno è che gli uomini possano trovare altri uomini per guarire dalle loro ferite patriarcali e fare questo processo insieme, uscendo dalle dinamiche del branco. 

Laura a breve e lungo termine, quali sono i tuoi progetti?

Nel mio modo di concepire la vita fino a qualche anno fa avevo tanti progetti e desideri. Era il mio ego, più che l’anima, a parlare. L’anima vuole solo vivere e gioire dell’esistenza e la mia desidera continuare a scrivere e viaggiare libera.

Eppure, la chiamata a cui ho detto sì è quella di essere al servizio della mia comunità, nella creazione di spazi, contenitori, esperienze e possibilità per ogni donna di vivere la sacralità, condividerla e approfondirla. La Capanna della Luna e della Terra è nata con questo intento: essere un luogo in cui le donne si riunivano per esperimentare, conoscere e condividere.

In molte mi hanno chiesto di condividere quello che ho appreso in tutti questi anni e che continuo ad imparare, così ho creato dei percorsi che si integrano tra loro e che permettono a chi lo sente di esplorare diversi aspetti di sé, imparare strumenti utili per il dialogo interiore con la propria anima e l’apertura al mondo naturale e spirituale.  

Ho detto sì alle forze della vita, non so dove questa mi porterà. Ascolto, ricevo e agisco ciò che sento, se lo sento. 

C’è un messaggio che vuoi lasciare alle lettrici?

Siate disposte ad andare in profondità, siate coraggiose e utilizzate il dubbio come strada di conoscenza. Non abbiate fretta, destrutturate, lasciate andare, permettete alla connessione spirituale di trasformarvi. Non c’è bisogno di mandare messaggi all’umanità, c’è bisogno di un coraggioso cambiamento e vivere in prima persona un nuovo paradigma. 

Sii libera e come mia nonna ha detto a me: “vivi la tua vita con coraggio”. 

Per approfondire Laura e il suoi percorsi www.lacapannadellalunaedellaterra.com, mentre per acquistare il libro, che consiglio, qui

Con amore,

Simona

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