“Guardo l’essere umano e vedo un diamante, non conosco tutte le sue sfaccettature, per questo diventa fondamentale mettere insieme le varie figure professionali che possono contribuire a dare un’idea più ampia dell’uomo”. Manuela Di Vito la presento così, attraverso le sue parole che racchiudono il concetto fondante di tutte le discipline olistiche e la necessità di confronto tra saperi per avere un’idea più ampia possibile dell’essere umano. Manuela fa l’osteopata.
Presenta questa disciplina, cos’è e come opera?
L’osteopatia nasce negli Stati Uniti, fondata da Andrew Taylor Still, un medico profondamente affascinato dalle macchine e con lo sguardo da meccanico ha analizzato il corpo concependolo come una macchina. Il suo è stato un punto di vista diverso in un periodo in cui la medicina stava in un certo senso fallendo. Uno dei principi base di Still è l’unità di corpo, mente e anima che insieme governano il benessere dell’essere umano. L’osteopata è una figura che si affianca ad altre occupandosi di prevenzione, sottolineo questo passaggio perché ci sono al momento diatribe con altre professioni. L’osteopatia non cura la malattia ma si occupa del mantenimento della salute del paziente.
Data una particolare patologia o problema, come interviene l’osteopatia?
Prendendo in considerazione tutte le alterazioni che il corpo ha subito portandolo in equilibrio attraverso un percorso costante. Nella vita si subiscono diversi traumi, ad esempio noi in anamnesi chiediamo sempre conto anche delle cadute avvenute in giovane età per comprendere le conseguenze sul corpo adulto. In questo contesto è fondamentale la conoscenza minuziosa dell’anatomia, senza di essa non riusciremmo a fare questo ragionamento clinico. Ripeto, non curiamo la malattia ma cerchiamo i blocchi che nel tempo hanno inficiato il corpo.
Come avviene questa conoscenza sul corpo di un paziente?
Nel nostro bagaglio di tecniche ci sono diversi tipi di approccio, dallo strutturale al craniale, quello viscerale, fasciale e articolare. Su un paziente possono essere applicate una o più tecniche di questo tipo. Ciò che ci indica la strada giusta da seguire è l’ascolto manuale del corpo del paziente. In base a quanto emerge in anamnesi scegliamo la tecnica più adatta.
L’osteopatia rientra tra le discipline olistiche: in questo discorso come si inserisce la mente e l’anima ?
Ogni essere umano è figlio delle sue esperienze e del suo vissuto. Sappiamo che un’emozione è in grado di manifestarsi sul corpo in maniera biochimica e ormonale alterandone i flussi e andando a forgiare il corpo stesso. Immaginiamo una persona che fa un lavoro di ufficio di cui non è soddisfatto. Quando lo vediamo camminare lo vediamo ricurvo su se stesso, con l’orecchio vicino al cuore perché forse ha bisogno di ascoltarsi un po’ di più. Questa è la rappresentazione di come mente e spirito influiscono dal punto di vista biomeccanico e anatomico, poi ovviamente ogni professionista sceglie di introdurre il fattore anima a suo modo, ma dal mio punto di vista è fondamentale, la mente rientra in gran parte delle nostre malattie. Negli anni è stato sottovalutato questo concetto guardando alla malattia come ad una maledizione che cala dal cielo, ma non è così. E’ uno stato. Noi attraverso il nostro lavoro cerchiamo di educare il paziente ad una cura totale.
Come ti sei approcciata all’osteopatia e perché?
Inizialmente mi ero iscritta all’università dove ho frequentato psicologia per un anno, ma sentivo che non era la mia strada. L’idea era di passare a fisioterapia, ma dopo una serie di indagini ho scoperto la scuola Abeos a Raiano, mi sono resa conto che era l’approccio che volevo imparare ossia l’uomo nella sua totalità. Ricordo inoltre che anni fa ero andata in una clinica per una visita, entrando in reparto c’era un bambino seduto sul letto e il nonno sulla sedia, pensai che fosse stato dolce quel nipotino ad aver fatto visita al nonno, in realtà era il contrario: il nonno ha preso il bimbo e l’ha messo sulla sedie a rotelle. Lì ho capito che nella mia vita voglio essere utile agli altri.
Mi sembra di capire che come osteopata entri in profondo contatto con un paziente e la sua storia?
Entriamo in profondo contatto con la storia del paziente, per noi è fondamentale l’ascolto, un ascolto che si fa con le mani. Agiamo con il nostro mezzo sul corpo del paziente ascoltandone la qualità del tessuto, il calore, il colore, ma non è solo questo. Il corpo del paziente è anche la sede fisica delle sue emozioni e del suo vissuto che sia questo un vissuto traumatico o vitale. Quando i pazienti arrivano da noi affidano alle nostre mani la loro storia. Mi piace pensare che gli essere umani siano come arbustelli, a seconda di come soffia il vento, di come è stato legato o trattato, questo arbustello andrà ad espandere la propria chioma in alto.
Simona