Quante volte lo yoga viene attribuito solo ed esclusivamente al rilassamento? Tantissime! In realtà lo yoga comprende tantissime capacità, che si, vengono sviluppate sul tappetino con l’obiettivo di essere messe in pratica anche al di fuori. Inutile è, infatti, fare i guru della situazione in classe ed essere delle persone completamente disconnesse al di fuori. Come al solito tutto parte dalla mente e anche i fondamenti per svolgere le asana partono direttamente da lì.
Se, infatti, è importantissima la respirazione, l’allineamento in posizione e tutto ciò che ne consegue, ancora prima ci sono degli atteggiamenti imprescindibili per la pratica.
Questi sono:
- concentrazione
- devozione
- dedizione
- attenzione
- onestà nell’approccio e nell’esecuzione
E in più non possono assolutamente mancare il discernimento e l’ascolto di sé. Ma andiamo per ordine.
1. Concentrazione
“Ma cavolo, lo yoga richiede tantissima concentrazione…”. Quante volte me lo sono sentita dire dalle mie allieve a fine lezione. E certo tesoro mio caro, lo yoga richiede concentrazione altrimenti la mente, che già viaggia come se non ci fosse un domani, se ne andrebbe proprio lontanissima. Ma non è solo questo. Lo yoga richiede concentrazione perché i punti da tenere sotto controllo sono tantissimi.
Ad esempio, durante lo svolgimento di un asana, non bisogna mai mollare la concentrazione sul respiro e se ti è capitato di provare yoga ti sarai scoperta, ad un certo momento della lezione, a restare in apnea. Ecco, questa è una cosa che assolutamente non deve accadere salvo eccezioni nelle ritenzioni dal respiro che, anche loro, sono svolte in modo controllato.
Bisogna mantenere la concentrazione per controllare l’allineamento della posizione. Se è vero che ai principianti viene concessa quanlche eccezione, l’allineamento delle asana è un particolare imprescindibile della pratica, che va curato fin nei minimi dettagli. Così si ottiene il massino da ogni asana.
Scrive Iyengar nel suo L’albero dello yoga: “La struttura dell’asana non si può cambiare, perché ogni asana è di per sé un’arte. Ogni asana va studiato da un punto di vista aritmetico e geometrico, di modo che nell’eseguirlo emerga e venga espressa la sua forma reale. La distribuzione del peso del corpo deve essere uniforme nei muscoli, nelle ossa, nella mente e nell’intelligenza. Resistenza e movimento dovrebbero essere in armonia. Sebbene chi pratica yoga sia il soggetto e l’asana l’oggetto, bisognerebbe arrivare a invertire le parti affinché prima o poi chi compie l’esercizio, lo strumento (il corpo) e l’asana divengano tutt’uno”.
Pura poesia!
La concentrazione è necessaria anche per mantenere accesa l’attenzione sul proprio corpo interiore, ma di questo ne parliamo al punto 4.
La concentrazione in linea generale è indispensabile per ottenere i benefici della pratica ed allenare la mente ad essere direzionata esattamente dove “ordini”, ripeto ordini. A decidere sei tu, sul tappetino e fuori. Che è una cosa bellissima, mi piacerebbe che sempre più persone, più donne, possano farsi portatrici di questo potere.
2. Devozione
Le asana sono preghiere, sono atti sacrificali che fin dagli albori gli yogin dedicavano alle loro divinità. Oggi le cose sono cambiate, soprattutto se pensiamo allo yoga praticato nell’Occidente, nell’occidente “cristiano”. In realtà lo yoga anche se nasce in India e nella mitologia si lega indissolubilmente al pantheon indiano, può essere legato a qualsiasi cosa vogliamo, l’importante è che sia un atto devozionale.
Un tempo si sacrificavano gli animali sull’altare degli Dei, ad un certo punto della storia yogica ci sono stati praticanti che hanno scelto di non uccidere e di sacrificare se stessi e la propria fatica nella pratica.
Le asana possono essere un atto di devozione o sacrificio verso divinità in cui crediamo, può esserlo verso un ideale, valore, archetipo, verso un obiettivo o, se vogliamo, anche verso noi stesse, verso il proprio benessere. Resta il fatto che all’inizio della pratica si dovrebbe tener ben presente l’oggetto del nostro atto devozionale. Così si rende sacro l’atto della pratica.
3. Dedizione
Dedizione, dalla Treccani: “Il dedicarsi interamente e con spirito di sacrificio a una persona, a un’attività, a un ideale”. Lo yoga è una disciplina intensa e completa, le asana dovrebbero essere svolte sempre con questo spirito, che si riaggancia al punto 2.
L’etimologia, per dedizione, vuole “darsi completamente” e anche “affidarsi”. Spesso capita di trovare nelle classi yoga persone completamente sconnesse dal senso che vuole infondere lo yoga alla vita, ossia renderla sacra. Che poi si arrivi a praticare per dolori, problemi fisici o emotivi che siano, per ritrovare pace ed equilibrio, quello che non deve mai mancare è la dedizione alla pratica, all’obiettivo, a se stesse.
Contrariamente a tante attività che richiedono il lavoro del corpo (sport vari), lo yoga comprende tantissimi aspetti, è uno stile di vita che vuole migliorare a 360 gradi il quotidiano. E non dimentichiamo che l’obiettivo è fermare le fluttuazioni mentali per raggiungere quello stato di beatitudine promesso con il raggiungimento della moksha, la liberazione, l’emancipazione dello spirito dal corpo.
Certo, tra le asana e la liberazione ce ne passa… va bene praticare anche solo per stare bene fisicamente, ma che resti un’attività a cui dedicarsi e affidarsi completamente. Con costanza.
4. Attenzione
Per questo mi riaggancio al primo punto, concentrazione. Durante le asana i punti di attenzione sono tanti. Innanzitutto c’è l’attenzione al respiro, al corretto allineamento del corpo, alla base della posizione.
E poi c’è l’attenzione a come ti senti durante lo svolgimento. Possiamo pensare le asana anche come chiavi, ogni chiave apre una porta. Nel caso della pratica le porte da aprire sono tantissime, possono essere paragonate ai blocchi da individuare e superare, ai limiti da valicare, sia fisici che mentali. Lo yoga è crescita spirituale, personale, interiore.
Lo yoga è un momento di sospensione dal semplice e banale quotidiano che richiede massima presenza, stare nel qui e ora, nel corpo, nelle emozioni, nella mente. “Cosa mi succede mentre svolgo Virabhadrasana (guerriero), dove sento dolore o fatica? Sono saldi i miei piedi? Sono forti e stabili le mie gambe? Sono allineate le braccia? E le spalle sono rilassate? Com’è il mio respiro?”.
Capisci cosa intendo per attenzione? E questo è niente.
Non c’è da spaventarsi, comunque, all’inizio può sembrare tanto e troppo, ma con la pratica costante tutto arriva in automatico. E poi serve proprio questo per non pensare alla lista della spesa e a fermare in generale le fluttuazioni mentali, come dicevo poco più su.
5. Onestà nell’approccio e nell’esecuzione
C’è una cosa che non si deve fare mai durante una lezione yoga di gruppo: guardare, imitare, competere con i vicini di tappetino. Qual è l’ABC in tutte le cose della vita? Essere sincere con se stesse, lo ripeto sempre. “Conosci te stesso”… e non si può pensare di intraprendere una relazione vera con se stesse se non si è oneste.
La stessa cosa vale per lo yoga.
Quindi, nel praticare un asana è necessario imbastire un rapporto autentico con se stesse, essere vulnerabili e aperte a quello che la pratica ci sta mostrando senza interpretare alcuna maschera di pirandelliana memoria.
Le asana sono un esperimento che facciamo su noi stesse, è fondamentale non lasciarsi influenzare dai compagni o da qualsiasi altro elemento esterno a noi.
Per chiudere, le asana sono formate da due momenti:
- azione, che consiste nella vera e propria assunzione della posizione, quindi il raggiungerla ed eventualmente il progredire all’interno di essa. Le asana possono essere costruite fino a raggiungere traguardi sempre più complessi, a ciascuno il suo;
- riposo, è il momento statico, in cui si staziona nella posizione per riflettere e sentire ciò che essa rimanda. Si tratta di un riposo attivo perché nel frattempo si ha l’opportunità di sistemare ogni piccolo dettagli che va aggiustato per trovare la quiete.
Scrive ancora Iyengar: “Patanjali dice che quando un asana è eseguito in modo corretto, le dualità tra corpo e mente, mente e anima, devono svanire. Questo si chiama riposo nella postura, meditare durante l’azione. Quando gli asana vengono eseguiti in questo modo, le cellule del corpo, che hanno i loro propri ricordi e la loro intelligenza restano sane. E quando, grazie alla pratica corretta degli asana, si conserva la salute delle cellule, il corpo fisiologico diventa sano e la mente si avvicina all’anima”.
Le asana portano all’anima.